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Il Grande Romanzo Americano II parte

IL GRANDE ROMANZO AMERICANO

Parte seconda

Sappiamo da tempo che uno dei tormentoni che più agitano gli ambienti letterari statunitensi sia la disperata ed affannosa ricerca che permetta finalmente di definire quello che sembra un oggetto misterioso : il grande romanzo americano. Forse qualche volta anch’io ho annoiato i miei sparuti lettori ( se ci sono ) attorno all’argomento che in fondo può interessare come una sorta di lotteria o lasciare indifferenti per l’apparente inconsistenza del problema però devo confessare che , come in questo caso, mi viene la voglia di dire che forse l’abbiamo trovato. Secondo me la narrativa U.S.A. A partire più o meno dalla generazione dei Faulkner o degli Hemingway ( tanto per sistemare un discutibile confine ) in maniera pressoché ininterrotta ha fornito innumerevoli occasioni per poter rispondere in buona fede affermativamente al quesito iniziale, per lo più si è trattato di autori di lungo corso ed affermata abilità ma qualche volta ci si è favorevolmente stupiti per la scoperta o meglio riscoperta di opere ed autori che pur salutati con qualche dichiarazione di interesse nei loro esordi erano caduti nel dimenticatoio per poi riapparire più vitali che mai malgrado se ne fossero andati da tempo. Mi sembra di poter citare tra i molti almeno Richar Yates, Andre Dubus, John Fante, e quel Williams il cui “ Stoner “ ci ha in qualche modo riappacificato con la voglia di leggere. Mi sembra il caso di questo “ Benedizione “ di Kent Haruf ( NNE edizioni pagg.277 Euro 17.00 traduzione di Lorenzo Cremonesi ), siamo nella cittadina di Hot in Colorado dove Dad Lewis proprietario di un avviato negozio di ferramenta deve affrontare la consapevolezza di trovarsi nella sua ultima estate di vita, purtroppo una malattia che non perdona lo ha condannato. E’ una persona buona e benvoluta, la moglie ed una figlia gli sono vicine amorevolmente, gli amici lo confortano e lui in fondo è sereno e lucido. Come inevitabilmente accade i suoi pensieri ripercorrono la sua vita e nella riflessione si fanno evidenti fatti persone e situazioni che in qualche modo erano stati non dimenticati ma in qualche modo attenuati, tenuti da una parte per essere magari ripresi con più calma in un momento successivo, ma ora quel tempo non sarà più disponibile, non molto a lungo per lo meno ed allora anche la forzata condizione che ne limita i movimenti permette più occasioni per guardarsi dentro. A ben vedere se ne potrebbe andare con qualche soddisfazione, può disporre della sua attività e di chi dipende da lui con la serena consapevolezza di avere sempre fatto del suo meglio nei confronti degli altri e di se stesso. Ma qualcosa non torna,per lo meno non del tutto:il figlio Dad se ne è andato da tempo senza più tornare, c’è anche l’episodio di un suo commesso del negozio che anni indietro si era dimostrato infedele e li aveva dovuto provvedere, nella casa accanto alla sua una bambina orfana è venuta ad abitare dalla nonna che è vecchia povera e malandata

nel paese arriva un reverendo,Lyle, che predica in maniera sincera la verità e la non violenza ma che non è ben visto dai fedeli e potrebbe nascondere un segreto infamante. Complicazioni su cui bisogna riflettere, forse anche decisioni da prendere,posizioni da riconsiderare ma chi ne ha il tempo? E la voglia? E’ un bivio difficile, e fosse soltanto uno. Dad capisce che il tempo sta per finire ma forse finalmente il rimosso sarà affrontato anche con serena disperazione, se questo è possibile. Scritto nei toni sfumati del quotidiano più banale il racconto pur dedicando la dovuta delicata attenzione al piccolo mondo di una piccola comunità affronta i grandi temi del vivere e del morire con lucida consapevolezza. Personaggi minimi ,quasi carveriani, atmosfere che ci riportano al miglior Sherwood Anderson, finiscono per farci entrare compartecipi in un mondo di cui tutti siamo parte necessaria.

Una meraviglia.

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