Questo Sito non fa uso ne di cookies per la profilazione dei visitatori ne di cookies di terze parti. Si Fa uso solo di coookies tecnici per la funzionalità del sito.

La magia del racconto

LA MAGIA DEL RACCONTO

 Tra il 31 dicembre 2013 e il 1 gennaio 2014 ho finalmente letto tre libri di racconti di Thom Jones, scrittore americano che da tempo giacevano in lista di attesa,pubblicati dalla benemerita edizione Minimum Fax che tanto ha fatto per diffondere le opere di grandi autori,in specie statunitensi,un po' trascurati se non dimenticati dai cosiddetti grandi editori (basterebbe ricordare,tra gli altri, Carver, Malamud, Yates, Barth, O’Hara,per citarne solo alcuni). ”Sonny Liston era mio amico” (pagg.312 traduzione Martina Testa 2000), “Il pugile a riposo” (pagg.240 traduzione Martina Testa 2001), “Ondata di freddo ( pagg.242 traduzione Martina Testa 2003) costituiscono ,penso,la maggior parte della produzione di questo autore che già dalla scarna biografia fornita mostra caratteristiche molto interessanti:reduce del Vietnam,ex pugile,ospite frequente di ospedali psichiatrici,bidello decide a cinquant’anni (nel 1991) di mettersi a scrivere e,spedendo racconti alle riviste più prestigiose ( “New Yorker”, “Harper’s”,”Esquire”) ottiene di essere pubblicato e raggiunge il meritato successo e può dedicarsi a tempo pieno alla scrittura abbandonando l’ultima occupazione (il bidello). Rovescia letteralmente tutta la sua esperienza di vita,e molto altro, sulla pagina,dando vita ad una serie di racconti impressionanti in cui la vicende di marine imbottiti di amfetamine nell’inferno del Vietnam si alternano a quelle di pugili votati all’autodistruzione o a malati terminali che riflettono sul senso della vita o a torride storie di amore e sesso scatenato e in cui riflessioni su Shopenauer prorompono da menti devastate dalle droghe. Eppure in mezzo a questi inferni, chiari simboli della deriva cui volge il pur Grande Paese, si evidenziano puntuali e di raffinata dolcezza incontri e ricordi di tenerezze perdute, di possibile pace ritrovata all’interno di toni di ruvida, esemplare, trascinante, grottesca e beffarda ironia. Tragedia e commedia,della vita, trovano sintesi vertiginose, accelerazioni insostenibili che lo stile debordante e controllato riesce magicamente a far convivere.

Questa lettura è avvenuta dopo che nelle settimane precedenti avevo deciso di dedicare un po' più di spazio alle raccolte di racconti considerando il recente Premio Nobel per la letteratura assegnato alla cosiddetta regina del racconto Alice Munro (canadese di cui dovrei aver letto tutto o quasi) ed aver considerato che nel corso del 2013 avevo letto una quantità mostruosa di romanzi ( non ne confesserò mai il numero perché nessuno mi crederebbe e verrei accusato di una mitomania che,credo, non mi appartenga). Così ho cominciato con quello che considero il fondatore della miracolosa stagione della narrativa americana della prima metà del novecento (quella per intenderci del mio molto amato Faulkner, di Hemingwai, Caldwell, Steinbeck, Dos Passos, Penn Warren e altri), mi riferisco a Sherwood Anderson di cui una piccola casa editrice toscana ( Piano B di Prato)

Ha edito “Il trionfo dell’uovo” (pagg.187 traduzione di Daniele Suardi Euro 14.00). Anderson è autore del capolavoro “Winesburg Ohio” racconti concatenati che narrando le vicende di uomini qualunque di una sperduta cittadina americana ci mostra il ritratto di una umanità derelitta e delirante che in un equilibrio tra grottesco e tragedia lotta invano,per lo più, per uscire dalle secche di una vita senza prospettive in una società che fa del gretto apparente perbenismo la regola fondante. Un bel regalo che potrebbe riportarci a ripassare un autore straordinario sia nel racconto che nei romanzi, per lo più introvabili che ci ha lasciato (citiamo almeno “Riso Nero” e “Molti Matrimoni) dove l’insensatezza della vita borghese manifesta con grande anticipo la sua voglia eversiva condita con una scrittura asciutta e rastremata attraverso la quale possiamo intravedere l’affermazione della impossibilità di venire a capo con soluzioni positive alla nostra sorte.

A questo punto mi sono concesso “Ballando a notte fonda” di Andre Dubus (edizioni Mattioli 1885 pagg.231 traduzione di Nicola Manuppelli euro 17.90).Altra immersione nella magia di racconti che ci portano all’interno di universi familiari in cui la lotta con pregiudizi e solitudine provoca la perdita dell’amore e nello stesso tempo la necessità di trovare comunque una possibilità di salvezza infrangendo le barriere,sopratutto umane, che ci imprigionano all’interno di situazioni esistenziali di irredimibile disagio.

 Eppure i personaggi,le persone,sembrano non volersi arrendere affidandosi con ostinazione alla ricerca di una luce che permetta una minima serenità. Grande merito a questo piccolo grande editore della vicina Fidenza che già in un recente passato aveva curato la pubblicazione di opere di Dubus tra l’altro in edizioni di rara bellezza.

 Per non farmi mancare niente ho terminato questo excursus (in verità,mi rendo conto,neanche troppo originale)con George Saunders e la sua ultima fatica: “Dieci dicembre” (edizioni minimum fax, ma guarda un po',pagg.222 traduzione Cristiana Mennella Euro 15.00). Specialista consolidato nel racconto (“ Nel paese della persuasione”,”Pastoralia”,” Il declino delle guerre civili americane”)questo autore si è caratterizzato nel tempo attraverso uno stile definibile grosso modo postmoderno con frequenti incursioni nella fantascienza ed una scrittura articolata con sperimentazioni linguistiche che consentono un uso spregiudicato dei generi letterari che vanno appunto dalla fantascienza alla detective story, al porno con un ritmo che non sembra esagerato definire pop. Se negli autori precedentemente citati si può senza pudore parlare di classicità con Saunders siamo decisamente in un altro registro certo non di facile scorrevolezza ma di sicura efficacia, insomma la lettura può apparire più faticosa ma è comunque senz’altro appagante. Per noiosa precisione possiamo citare che siamo sulla linea di grandi autori come Robert Coover, Donal Barthelme, David Foster Wallace, John Barth e Kurt Vonnegut jr notando comunque che, specialmente in questa ultima magnifica raccolta, Saunders non fa mancare acute e appassionate situazioni in cui al centro troviamo spaccati attraverso i quali universi familiari di disagio ed incomprensione si aprono verso una sorta di empatia attraverso la quale gli umili,i reietti, gli emarginati si rivelano in appassionate tensioni non prive di speranza. Non so per i miei circa sette lettori ma queste letture mi hanno riportato all’eterna questione che contrappone nella narrativa il romanzo al racconto. Ebbene mi sembra si riconfermi,almeno per me, l’eterna magia del racconto che in ellissi più o meno accentuate ci mostra la straordinaria capacità di questi scrittori di creare universi di assoluta completezza all’interno di formule brevi si ma altrettanto necessarie e soddisfacenti.

Ariodante Roberto Petacco

 

Informazioni aggiuntive